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Un team di ricercatori guidato dal professor Stephen Chou della Princeton University ha sviluppato un nuovo metodo capace di migliorare l’efficienza e la luminosità dei Led, che vengono utilizzati nei dispositivi oggi maggiormente in uso.
Chou ha spiegato come la luminosità e l’efficienza dei Led costruiti con materiali organici sia aumentata con il loro metodo anche del 57% e sarebbe applicabile anche nel caso in cui si utilizzino materiali inorganici basati sul silicone.
Per quanto concerne i display a Led, il team di Princeton pare sia riuscito a incrementare la nitidezza delle immagini addirittura del 400% rispetto alle tecniche attuali, mettendo a punto una tecnica capace di manipolare la luce su una scala più piccola di una singola lunghezza d’onda. I Led sono ideali per i display dei dispositivi portatili, ma hanno come limite quello che una grande parte della luce prodotta resta intrappolata nella struttura del Led. “Le nuove nanotecnologie possono cambiare le regole dei modi nei quali manipoliamo la luce. Possiamo utilizzare questo approccio per creare dispositivi con performance senza precedenti”, ha precisato Chou. Il metodo ideato dai ricercatori si basa sull’utilizzo di una struttura nanotecnologica chiamata PlaCSH, Plasmonic cavity with subwavelength hole-array, in grado di “estrarre” più luce dai LED, consentendo parallelamente anche di ridurre il surriscaldamento interno, grazie all’utilizzo di strutture metalliche di dimensioni nanometriche, che manipolano la luce. La struttura PlaCSH è formata da uno strato di materiale che emette luce con uno spessore di circa 100 nanometri posizionato all’interno di una cavità rivestita da una sottile pellicola metallica. La superficie della cavità opposta è invece ricoperta da una rete metallica spessa appena 15 nanometri. In tal modo la struttura è in grado di guidare la luce al di fuori dal Led focalizzandola in direzione della persona che sta guardando.
I due vantaggi basilari sono la grande flessibilità e l’economicità per produrre i Led basati su PlaCSH, realizzati grazie ad una tecnologia “nanoimprint, in grado di creare le nanostrutture in un modo simile a quello di una pressa che stampa un quotidiano.
Fonte: Princeton
