Sarà la tecnologia NB-IoT lo standard wireless per l’Internet of Things?

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Sembrerebbe proprio di sì, a giudicare dalle decisioni dell’ultimo meeting del 3GPP (Third Generation Partnership Project), l’ente di  standardizzazione mondiale per le telecomunicazioni mobili che si è concluso a Phoenix (Arizona) pochi giorni fa.
Nel definire la road-map per le Release 12 e 13, l’assemblea plenaria del RAN (Radio Access Network) ha infatti deciso di standardizzate la tecnologia a banda stretta NB-IoT in quanto ritenuta la più adatta a rispondere alle esigenze del mercato dell’Internet of Things. La nuova tecnologia fornirà una migliore copertura indoor, la possibilità di collegare un numero elevatissimo di oggetti, bassa latenza, costi ridotti, un bassissimo consumo energetico e un’architettura di rete ottimizzata.
Ma soprattutto sfrutterà la rete esistente che necessiterà di un semplice upgrade, mentre i chip set coi quali realizzare i terminali saranno disponibili già dal prossimo anno a costi ridotti.
Un punto di incontro tra esigenze diverse
Sin dalla nascita, le reti cellulari per voce e dati hanno avuto come obiettivo, oltre ad una copertura capillare del territorio, l’aumento della velocità di connessione per garantire servizi sempre più sofisticati quali, ad esempio, lo streaming video. Il tutto a scapito della semplicità e, soprattutto, dei consumi. I terminali in grado di garantire queste prestazioni assorbono tantissima energia, con conseguente riduzione dell’autonomia (come tutti noi sappiamo) a pochi giorni.
Le esigenze del mercato dell’Internet of Things sono opposte  rispetto a quelle degli utenti che utilizzano i servizi di telefonia mobile; nel caso dell’IoT è sufficiente una bassa velocità di trasmissione con conseguente limitato consumo di banda, mentre  è fondamentale un costo contenuto del terminale radio e un consumo energetico bassissimo, tale da garantire un funzionamento di almeno 10 anni con alimentazione a batteria. Spesso, infatti, questi oggetti non sono o non possono essere collegati alla rete elettrica. Pensia­mo, ad esempio, ad un rilevatore di fumo per impianti antincendio o a un sensore di temperatura e umidità di una serra; il rilevatore di fumo deve inviare un paio di messaggi al giorno per dire che è “in vita” e, nel caso di incendio, un segnale d’allarme.
Infine, l’IoT necessita di una infrastruttura di rete con celle in grado di gestire un numero elevatissimo di oggetti-utenti. Da questo punto di vista la tendenza ad aumentare il numero delle celle – riducendone le dimensioni – per garantire maggior velocità, incontra le esigenze del mercato dell’IoT, a patto di utilizzare in maniera differente le risorse.
Questa spinta verso sempre maggiori prestazioni in termini di banda e velocità da parte delle aziende che operano nel settore delle telecomunicazioni cellulari, ha contribuito alla nascita di tecnologie alternative, specificamente studiate per l’IoT. Tra queste, le più note sono la tecnologia LoRa di Semtech (www.semtech.com) e quella SigFox (www.sigfox.com) dell’omonima casa francese. Si tratta di tecnologie low-power e low-cost che hanno trovato nell’elevatissima sensibilità (Semtech con algoritmi Spread Spectrum e SigFox con l’Ultra Narrow Band), e nell’impiego della banda ISM, la soluzione ottimale per realizzare infrastrutture cellulari dedicate all’Internet of Things.
Tuttavia, per quanto di costo contenuto, il dispiegamento di nuove  infrastrutture richiede tempo e risorse. SigFox che è soprattutto un provider, sta realizzando nuovi reti un po’ in tutto il mondo, anche se più lentamente delle previsioni. Semtech punta invece a fornire la tecnologia per realizzare reti proprietarie, specifiche per una particolare categoria di utenti, come le Utilities di acqua, gas, raccolta rifiuti, ecc.
Le reti cellulari per l’IoT
Le previsioni di crescita del mercato IoT non potevano lasciare indifferenti le numerose aziende – produttori e provider – che operano nel campo delle telecomunicazioni cellulari. In fondo, una rete capillare che copre tutto il territorio c’è già, basta scegliere la tecnologia più adatta alle esigenze del mercato dell’IoT.
Negli ultimi tempi si sono succeduti vari annunci da parte delle principali aziende (Nokia, Qualcomm, Huawei, Ericcson, Intel, ecc.) che hanno identificato nella bassa complessità, nella ridotta velocità, nel basso consumo e nella costo contenuto le specifiche dello standard da implementare nella road-map che dal GSM sta portando al 5G.
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Una classe di oggetti di complessità contenuta (Categoria 0) in grado di comunicare a bassa velocità (1 Mbps) è già previsto nello standard LTE, con una tecnologia che, secondo molti, è comunque sovradimensionata rispetto alle esigenze dell’IoT, specie in termini di costo e di consumi.
A supporto del mercato IoT in ambito cellulare sono così emerse altre tecnologie: quella NB-LTE (Narrowband Long-Term Evolution) supportata da Nokia, Ericsson, Intel Sony, ZTE e altri, e quella NB-CIoT (Narrowband Cellular IoT) supportata da Huawei, Vodafone e China Unicom; senza dimenticare Qualcomm con la sua LTE-M (Enhanced Machine-Type Communications).
La principale differenza tra le prime due tecnologie riguarda la facilità di integrazione dello standard NB-LTE nelle reti esistenti. Nokia, una delle società a favore dell’NB-LTE, ha sottolineato in un recente comunicato stampa che, essendo quasi il 90% della popolazione mondiale già servito da reti cellulari, ha molto più senso promuovere una tecnologia che può essere immediatamente dispiegata con semplici aggiornamenti al software dell’infrastruttura.
La riunione del 3GPP di Phoenix
Preceduta da un comunicato stampa di Intel che annunciava il pieno appoggio alla tecnologia NB-LTE di Nokia e Ericsson, nonché la disponibilità per i primi mesi del 2016 di chip set per tale tecnologia, la riunione di Phoenix ha visto, nella sostanza, l’affermazione della tecnologia NB-LTE, le cui caratteristiche sono state mutuate nello standard NB-IoT, anche se non tutti i dettagli sono stati ancora definiti.
Nello sviluppo dell’industria radiomobile, la standardizzazione rappresenta un elemento fondamentale, consentendo l’interoperabilità, il roaming internazionale e garantendo significative economie di scala e ampia scelta di modelli di terminali.
A tale scopo nel 1998 è nato l’ente di standardizzazione mondiale 3GPP (Third Generation Partnership Project) composto dagli enti europeo (ETSI), americano (ATIS), giapponese (ARIB e TTC), coreano (TTA) e cinese (CCSA).
Il 3GPP si occupa delle specifiche tecniche di GSM/GPRS/EDGE e sue evoluzioni (GERAN), di UMTS e sue evoluzioni (HSPA, HSPA+) e di LTE e sue evoluzioni (LTE Advanced). Il 3GPP è organizzato in quattro TSG (Technical Specification Group): GERAN (GSM EDGE Radio Access Network), RAN (Radio Access Network), SA (System Aspects), CT (Core network & Terminals).
Nella riunione plenaria del RAN tenutasi a Phoenix in Arizona, il 3GPP ha compiuto un passo significativo verso la definizione di una specifica Radio LTE a bassa potenza per l’Internet of Things (IoT)  concordando un “elemento di lavoro“, che costituirà la base per la decisione finale.
Come ha affermato Dino Flore, Presidente del 3GPP RAN, la decisione non è stata semplice:”Abbiamo iniziato l’incontro con due proposte rivali (NB-LTE e NB-CIoT) e dopo lunghe discussioni siamo arrivati a una proposta tecnica armonizzata e ampiamente supportata, come si evince dal numero di aziende che sostengono l’elemento di lavoro approvato.”
È importante sottolineare che la prossima specifica NB-IoT è “particolarmente adatta per il riassetto dei canali GSM“, chiaro riferimento ai piani degli operatori per l’utilizzo dello spettro 2G per i servizi 4G/LTE.
La Release 13 è, in ogni caso, “congelata” sino al marzo 2016 con una serie di decisioni intermedie che verranno prese a dicembre. La strada imboccata dal 3GPP, consentirà in ogni caso ai produttori, di essere pronti – come osservato da Intel – con i chip set adatti già a metà 2016.
Thomas Norén, responsabile della linea di prodotti LTE di Ericsson ha affermato che la cosa più importante della riunione di Phoenix è il fatto che in futuro ci sarà una solo standard 3GPP per la tecnologia IoT. E aggiunge: “L’unica incertezza rimane sul livello fisico uplink, che sarà studiato e deciso nel RAN plenario nel mese di dicembre.”
Le opzioni di uplink sono solo due: FDMA (Frequency Division Multiple Access) con modulazione GMSK (Gaussian Minimum Shift Keying) o SC-FDMA (con singolo vettore FDMA). Per quanto riguarda il downlink, è certo che verrà utilizzato l’OFDMA (Orthogonal Frequency-Division Multiple Access).
Tra le altre caratteristiche tecniche va segnalata la velocità che sarà di 180 kHz si in download che in upload.
L’NB-IOT dovrebbe supportare 3 differenti modalità operative:
– “Stand-alone operation” utilizzando lo spettro impiegato attualmente dal GERAN al posto di una o più portanti GSM
– “Guard band operation”  facendo ricorso ad uno dei blocchi inutilizzati all’interno della portante guard-band dell’LTE
– “In-band operation” utilizzando risorse all’interno della normale portante LTE
Le ripercussioni sul mercato
Negli stessi giorni il confronto sui differenti standard è proseguito anche al di fuori del 3GPP, specialmente tra quelle aziende che hanno già in produzione chip set per applicazioni LTE in ambito IoT. In particolare durante il CTIA Super Mobility Week di Las Vegas, Altair Semiconductor e Sequans Communications hanno presentato prodotti della Categoria 0, 1 e M di LTE.
Altair ha sostenuto che i propri prodotti della Categoria 1 (con throughput massimo di 10 Mbps) sono in grado di offrire prestazioni molto vicine a quelle dei dispositivi di Categoria 0 in termini di risparmio energetico (PSM, Power Save Mode). Questa tecnologia, prevista dalla Release 12, consente a un dispositivo di andare in sleep per ore o settimane, risvegliarsi allo scadere del timer, collegarsi rapidamente alla rete, inviare i dati e poi tornare in sleep. I dispositivi di Categoria 0 hanno anche una sola antenna e supportano l’FDD half-duplex con i dati che vengono ricevuto e trasmessi su frequenze differenti. Questa soluzione di Altair Semiconductor – il cui chip set ha un target price di 15 dollari – è stata recentemente implementata nel modulo LE866 di Telit.

Anche Sequans Communications ha ammesso che gli aggiornamenti software di rete potrebbe portare i benefici della Categoria 0 senza la necessità di nuovi chip, anche se il vero salto di qualità si vedrà con i dispositivi di Categoria M, frutto della standardizzazione in corso da parte del 3GPP, ed il cui target price dovrebbe scendere sotto i 5 dollari.
Con i grandi player LTE che sono scesi in campo in forze (soprattutto Intel e Qualcomm), la vita per i piccoli chip maker come Altair e Sequans si farà più difficile, ma ancora più complesso sarà il business di SigFox e Semtech  che hanno investito in tecnologie alternative nella speranza che le aziende che operano nelle telecomunicazioni cellulari non puntassero anch’esse verso soluzioni low-cost a basso consumo da integrare nell’attuale tecnologia mobile ed in grado di rispondere alle esigenze del mercato IoT.
Sicuramente le tradizionali reti cellulari offriranno una scalabilità in termini di prestazioni e costi che le reti LPWA non potranno garantire, oltre – naturalmente – ad una rete già pronta. Anche se molto probabilmente il confronto finale si  giocherà sul terreno dei costi dei terminali e del servizio,
 
 
 

1 Commento

  1. buonasera sig Spadoni. Interessante articolo anche se la precisazione che fa riguardo alla technologia LoRa non è corretta. Non tiene infatti conto della nascita quest'anno della LoRaAlliance che ha come maggiori sponsor appunto operatori di rete e come obbiettivo la standardizzazione e soprattutto l'interoprabilità delle reti IOT

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