La doppia natura del fotone alla prova dello Spazio

I nuovi sviluppi delle tecnologie quantistiche permettono di investigare i principi base della Natura in scenari ancora inesplorati. Solo recentemente, infatti, le comunicazioni quantistiche hanno trovato conferma della loro potenzialità anche in campo spaziale, grazie agli esperimenti realizzati negli ultimi anni dai ricercatori dell’Università di Padova, in collaborazione con la stazione MLRO del Centro di Geodesia Spaziale dell’ASI a Matera e ai recenti lanci di satelliti da parte di Cina e Giappone.

In questo esperimento, pubblicato sulla rivista Science Advances, il team UniPD-ASI ha investigato uno dei principi base della meccanica quantistica, il dualismo onda-corpuscolo, sulla distanza record di 3500 chilometri, ottenuta sfruttando per la prima volta i satelliti in orbita. Il risultato conseguito, sia in termini del significato fisico fondamentale che delle tecniche sperimentali utilizzate, stimolerà ulteriormente le applicazioni delle comunicazioni quantistiche nello spazio.

Fin dalla nascita della meccanica quantistica, i suoi padri fondatori si sono sfidati a colpi di Gedankenexperiments, arguti esercizi mentali congegnati per estremizzare o portare all’assurdo la strana descrizione della realtà che cominciava a delinearsi di fronte a loro.

Celeberrimo è il caso dei dialoghi tra Einstein e Bohr, avvenuti tra gli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso, in cui i due hanno dibattuto ampiamente uno dei principi base della nuova teoria, il dualismo onda-corpuscolo. Secondo questo principio, ogni particella elementare presenta comportamenti che sono tipici sia delle onde, per esempio possono interferire, che dei corpuscoli, ovvero vengono rivelati come un unico oggetto microscopico localizzato nello spazio. Non è possibile però concepire un esperimento in cui entrambi i tratti si osservano contemporaneamente, e per questo motivo ci si può porre la domanda se sia la configurazione sperimentale a causare il comportamento ondulatorio o corpuscolare delle particelle.

Questo ha portato John Wheeler alla fine degli anni ‘70 ad introdurre l’idea di esperimento a scelta ritardata (Wheeler’s delayed-choice experiment), vale a dire un esperimento la cui configurazione viene scelta solo dopo che la particella ha iniziato ad interagire con gli strumenti che lo compongono, ovvero solo dopo che la particella abbia definito le sue caratteristiche ondulatorie o corpuscolari entrando nell’apparato.

L’interpretazione classica di questo esperimento porta ad “una strana inversione del normale ordine del tempo”, in cui una certa azione, come la scelta della configurazione dell’apparato, condiziona la decisione che la particella aveva già preso nel suo passato, portando ad una apparente violazione del principio di causa-effetto.

Se si guarda allo stesso esperimento con occhi puramente quantistici, invece, il paradosso si risolve, perché la particella mantiene la sua duplice natura di onda-corpuscolo per tutto il tempo dell’esperimento: la particella è descritta da una funzione d’onda quantistica, che si comporta analogamente ad un’onda prima di essere rivelata, quando assume le caratteristiche corpuscolari.

È un importante risultato per la ricerca italiana che ci aiuta ad entrare nei misteri dell’infinitamente piccolo e di conoscere meglio il comportamento della luce” commenta Roberto Battiston presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. “Grazie alle distanze spaziali abbiamo confermato uno degli assunti della teoria quantistica, ossia che la particella mantiene la sua duplice natura di onda-corpuscolo. Con questo esperimento l’Italia conferma il suo ruolo di primissimo livello nello sviluppo delle comunicazioni quantistiche che avranno molte applicazioni nel futuro”.

Questi esperimenti investigano i fondamenti della teoria quantistica e puntano a verificare fino a che distanza la teoria quantistica risulti valida. Il recente sviluppo delle tecnologie quantistiche riguardante sia le sorgenti di fotoni (le “particelle di luce”), sia le tecniche di rivelazione, nonché la capacità di manipolare e controllare la luce anche al livello dei suoi costituenti elementari, ha permesso negli ultimi anni di realizzare in laboratorio alcuni di questi test che erano stati pensati in origine come arzigogolati esperimenti mentali.

Nel loro lavoro i ricercatori italiani hanno fatto anche di più: sono infatti usciti da un laboratorio e hanno realizzato l’esperimento di Wheeler lungo un canale spaziale di 3500 km, dimostrando la validità della descrizione quantistica in un contesto, quello spaziale, ancora inesplorato e in cui anche la gravità potrebbe giocare un ruolo. Per riuscire a farlo, i ricercatori hanno utilizzato un particolare interferometro, al momento unico al mondo nel suo genere, che si estende nello spazio dalla stazione di laser-ranging MLRO di Matera fino a comprendere satelliti dotati di prismi retro-riflettori in orbita.

Dal punto di vista applicativo, il loro lavoro mette in luce l’avanguardia italiana nelle comunicazioni quantistiche satellitari che rivestiranno un ruolo sempre maggiore da qui in avanti nel campo delle comunicazioni criptate su grandi distanze. Sfruttando contemporaneamente, per la prima volta, la codifica dell’informazione quantistica sia nella fase che nella polarizzazione di singoli fotoni, il team UniPD-ASI ha mostrato come si possa aumentare la capacità di trasmissione anche lungo un canale spaziale.

Lo sviluppo di questo nuovo campo di ricerca è appena cominciato, e ha già portato altri paesi come Cina, Giappone, Germania, Canada, Singapore ed Austria ad investire fortemente in queste tecnologie, come dimostrano le recenti dimostrazioni in orbita da parte di Micius, il satellite dedicato alle comunicazioni quantistiche satellitari lanciato dall’Accademia delle Scienze cinese l’anno scorso. Questo lavoro dimostra però come l’Italia abbia tutte le carte in regola per restare al passo delle altre potenze mondiali in questo ambito che sarà sempre più strategico negli prossimi anni.

L’Ateneo Patavino ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo del settore delle comunicazioni quantistiche nello Spazio – spiega il prof Paolo Villoresi del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova “Ha infatti finanziato le prime ricerche sullo scambio di un singolo fotone tra un satellite e Terra a partire dal 2003, quando questa era un’area di ricerca inesplorata, mediante un Progetto di Ricerca di Ateneo. Dopo i primi risultati, pubblicati nel 2008, ha fornito un determinante stimolo con il finanziamento del progetto strategico di Ateneo QuantumFuture. Questo ha permesso di realizzare gli esperimenti di codifica quantistica in polarizzazione e modi temporali. Questi sono stati i primi esperimenti che hanno aperto le comunicazioni quantistiche dallo Spazio. Il primo tra i due, apparso nel 2015, è stato selezionato come uno degli otto “Highlight of the Year” dall’American Physical Society. La collaborazione con ASI è sempre stata molto aperta e proficua. Fin dal 2003, l’Osservatorio MLRO di Matera è stato il centro sperimentale per i canali spaziali. La collaborazione continua ora con nuovi progetti ed esperimenti.

www.unipd.it

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