Raspberry Pi compie 3 anni

EbenUpton
Tre anni e cinque milioni di pezzi venduti: sono questi i numeri del computer da 35 dollari che ha innescato una rivoluzione. Quando la prima versione fu lanciata, esattamente tre anni fa, il 29 febbraio 2012, Eben Upton, a capo del progetto della Fondazione Raspberry Pi, non era del tutto certo di riuscire a vendere i 10.000 pezzi programmati. Eppure le premesse c’erano tutte: un vero e proprio computer in miniatura poco più grande di una carta di credito, con 256 MB di RAM, un sistema operativo open-source basato su GNU-Linux, uno slot per la scheda di memoria e varie opzioni per la connettività: USB, Ethernet e HDMI. Ma soprattutto un prezzo di appena 35 dollari, alla portata di tutti, anche delle scuole dei paesi in via di sviluppo, oltre che, naturalmente, dei paesi più avanzati.
Un’iniziativa nata per cercare di arginare la scarsità e le  limitate competenze di quei pochi studenti che si iscrivevano alla facoltà di informatica della University of Cambridge’s St John’s College di cui Eben Upton era stato da poco nominato direttore.
Un progetto con uno scopo prettamente didattico, dunque, sostenuto da una Fondazione e dal Governo del Regno Unito, convinto anch’esso dell’importanza dello studio dell’informatica sin dai primi anni di scuola, tanto che proprio dall’inizio del prossimo anno scolastico i bambini del Regno Unito inizieranno corsi di informatica sin dalla prima elementare.
Sicuramente Eben Upton è stato un precursore, visto che a 10 anni, nel 1988, compra il suo primo computer: un BBC Micro di seconda mano che si programmava in BASIC e che egli utilizza per creare alcuni videogiochi; dopo un Ph.D. in informatica ottenuto a Cambridge, Eben Upton fonda due software house, una carriera simile a quella di molti altri sui coetanei che fin da piccoli si appassionano ai computer. “I bambini di oggi hanno a disposizione molti più strumenti tecnologici di una volta, ma invece di studiarne il funzionamento ne fanno un uso molto più superficiale” afferma Eben Upton in una recente intervista a IEEE Spectrum.
Un’iniziativa che è letteralmente esplosa nelle mani dei promotori, con 5 milioni di pezzi venduti in  tre anni e con una versione ancora più performante, la board Raspberry Pi2, che ha visto i primi 170 mila pezzi “volatilizzarsi” nei primi due giorni di vendita, e che rappresenta una valida soluzione anche per molte applicazioni di tipo industriale. Merito del prezzo, delle prestazioni ma anche di una community di sviluppatori che conta un milione di utenti e che ha contribuito a rendere particolarmente affidabile il sistema operativo. D’altra parte nella Fondazione Raspberry Pi lavorano circa 20 persone, un numero assolutamente insufficiente a fornire il supporto ad una board così complessa. La maggior parte di loro proviene dagli uffici della Broadcom di Cambridge, dove lo stesso Upton ha iniziato a lavorare nel 2006 come progettista. Non a caso il SoC – cuore della board – è prodotto proprio dalla Broadcom.
RaspberryQuadCorePresentazione
Cresciuto nella cittadina di Ilkley, nel nord dell’Inghilterra, Upton non aveva un famiglia “tecnologica”, tutt’altro, entrambi i genitori erano insegnanti di inglese; l’aver messo a punto uno strumento in grado di dare il necessario supporto anche ai ragazzi senza un backgroud tecnologico familiare rende Upton ancora più orgoglioso del proprio progetto.
La coommunity di Raspberry Pi nasce subito dopo l’uscita della prima board: Ben Nuttall organizza il primo “Raspberry Jam” nel giugno 2012, una sorta di festa con annesso hackathon, a cui fanno seguito centinaia di altrui eventi con migliaia di ragazzi coinvolti. Nuttall viene subito dopo cooptato nella Fondazione, insieme alla moglie di Upton, Liz, dove si occupa proprio della community e del marketing, anche se la missione principale, quella di fornire a tutti gli studenti – specie a quelli del terzo mondo – un computer a basso costo resta sempre il focus principale di tutti.
Attualmente la Fondazione ha in corso numerosi progetti nelle aree più sperdute dell’Africa e del terzo mondo dove non esiste ancora una connessione Internet, caricando sulla memoria, oltre al sistema operativo, anche manuali, libri e video consultabili off-line.
Raspberry Pi vs Arduino
Molto si è scritto in questi anni sulle somiglianze e sulle differenze tra la board Raspberry Pi e le schede Arduino. La più evidente è che nel primo caso abbiamo a che fare con un computer vero e proprio, dotato di un sistema operativo open-source adatto allo studio dell’informatica e delle reti; quindi di un prodotto destinato all’ambiente scolastico, e con una “apertura” verso l’hardware quel tanto che basta per consentirne l’impiego anche in un laboratorio di elettronica.
Nel caso di Arduino abbiamo invece, sostanzialmente, una semplificazione di un ambiente di sviluppo e programmazione per microcontrollori che rende possibile a chiunque l’utilizzo di un dispositivo programmabile: la stessa board Arduino o il micro dell’Atmel che ne costituisce il “cuore”; a monte abbiamo anche un’estrema attenzione al design e l’adesione ad un movimento che crede che l’open-source hardware sia la strada per  semplificare la tecnologia, abilitando le persone a diventare parte del processo di innovazione.
Arduino_Uno
Due visioni sicuramente diverse, con Raspberry Pi più vicino all’ambiente accademico e con un focus con risvolti ingegneristici, mentre  Arduino porta con sé anche una sorta di messaggio “politico” e vuole essere uno strumento per stimolare la creatività di tutti noi: entrambi, in ogni caso, stanno avendo un impatto importantissimo sulla didattica, dalle scuole elementari all’università.
Per il momento, dunque, buon anniversario, Raspberry Pi!
www.raspberrypi.org
 

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