IoE Italian Forum, il futuro è alle porte

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Dall’Internet delle Cose (IoT, Internet of Things) all’Internet di tutte le Cose (IoE, Internet of Everything), che connette oggetti, persone, aziende, comunità, e che cambierà radicalmente la nostra società nei prossimi 5-10 anni con la necessità di prendere parte a questo cambiamento, come persone e come Paese, acquisendo le competenze necessarie: è stato questo il filo conduttore dell’evento “Crescere Digitaliani, Internet of Everything Italian Forum” che si è svolto ieri nell’ambito di Cisco Live! al MiCo di Milano. Un evento che ha evidenziato le incredibili potenzialità delle nuove tecnologie, ma anche i pericoli insiti nel nuovo “Grande Fratello” che si sta delineando e di cui, già adesso, con solamente le persone e pochi oggetti connessi, stiamo vedendo i primi effetti. Ne ha parlato – unica voce fuori dal coro – Massimo Banzi che ha anche sottolineato come lo sviluppo dell’Internet of Things con il coinvolgimento di miliardi di oggetti connessi dovrebbe ispirarsi a tre semplici principi: Buono, Pulito e Giusto.
Ed è proprio per questo che le competenze in campo digitale rappresentano la via maestra per cogliere tutte le opportunità di questa rivoluzione già in atto, ma anche per avere la consapevolezza dei potenziali pericoli insiti in questa nuova tecnologia. Ne ha parlato il Digital Champion italiano, Riccardo Luna, sottolineando come  sia urgente recuperare i ritardi del nostro Paese, in particolare i 24 milioni di italiani che ancora non utilizzano Internet, e la lentezza e la scarsa copertura della Rete, dati per i quali siamo ultimi in Europa.
L’evento si è aperto mettendo a confronto due generazioni di utenti, Anna e Blanca Zamperini, rispettivamente madre e figlia di Marco Zamperini (FunkyProfessor), prematuramente scomparso due anni fa, e in ricordo del quale è stato istituito il premio Funky Prize  supportato da Cisco. L’approccio di Anna e di Blanca a Internet è molto diverso, come diversi sono gli interessi di una adolescente e di una persona anziana, ma entrambe hanno imparato a utilizzare correttamente la Rete per approfondire e arricchire i propri interessi e le proprie passioni, non foss’altro che per seguire via Skype – come, tra le altre cose,  fa Anna – l’attività dell’altro figlio che vive negli Stati Uniti.
Per il 2014 il premio Funky Prize è stato assegnato a Marco De Rossi, fondatore di Oilproject, una piattaforma web per l’apprendimento, e a Andrea Latino, fondatore di Ges, Green Geek School Education, anche loro presenti sul palco.
 
David Bevilacqua (Vice Presidente South Europe Cisco) ha illustrato la visione di Cisco partendo da una delle tante definizioni di intelligenza, “la capacità di trovare connessioni tra cose diverse, talvolta anche molto diverse tra loro”. Allo stesso modo bisognerà essere capaci di estrarre valore dai terabyte di dati che arriveranno dagli oggetti connessi: è questo il vero valore dell’Internet of Everything e non i 50 miliardi di oggetti connessi. Bisognerà essere capaci di creare correlazioni e trasformare il dato in informazione, che deve essere fornita al momento giusto alla persona giusta: per migliorare il modo di lavorare, il modo di fare impresa, la società e la qualità della vita di tutti noi, con le persone sempre al centro di questo processo.
Un processo che sta accelerando tremendamente, come testimoniano i 23 miliardi di sensori spediti del 2014, il doppio rispetto all’anno precedente, o le ricerche su Google, anch’esse cresciute esponenzialmente negli ultimi due anni. Una tendenza che va già oltre le più ottimistiche previsioni, e che proprio per questo le aziende non debbono lasciarsi sfuggire, pena la loro scomparsa. Anche se il processo di digitalizzazione al momento ha un impatto maggiore sulle aziende manifatturiere e di servizi, tutte le aziende, nessuna esclusa, verranno coinvolte e dovranno trasformarsi in realtà digitali, rivedendo completamente e rapidamente il proprio modello di business.
Secondo Bevilacqua, più che a un’evoluzione ci troviamo di fronte a una rivoluzione, con la possibilità di ottenere già oggi significative ricadute positive anche dal punto di vista economico e occupazionale, come dimostrato dalla città di Barcellona che – grazie all’applicazione di tecnologie smart – ha risparmiato 58 milioni di euro nel consumo di acqua potabile, ha ridotto di 37 milioni la bolletta dell’illuminazione pubblica e ha incrementato di 50 milioni gli introiti dei parcheggi; il tutto creando 50 mila nuovi posti di lavoro nell’ambito delle nuove tecnologie. In altre parole l’IoE può anche essere declinato come Internet for Employment, una grande opportunità per creare nuovi posti di lavoro, anche se è ancora molto diffuso il sentimento che la tecnologia distrugga più posti di lavoro di quanti ne crei.
Probabilmente in una prima fase ciò può anche essere vero, ma, successivamente non è più così; a patto di riuscire a salire sul treno del futuro che non solo è già partito ma che sta anche accelerando. “Saltiamo sul treno del futuro ora o rischieremo di essere prigionieri per sempre.” ha concluso Bevilacqua.
 
Anche per Carmine Stragapede, Direttore Generale di Intel Italia, l’Internet of Everything è una grande opportunità per tutte le imprese, anche per quelle molto piccole. Intel crede a tal punto a queste tecnologie che all’interno del proprio bilancio ha scorporato le attività relative a tale settore per monitorarle meglio, quasi rappresentassero un’azienda autonoma. Il contributo di Intel per l’IoE è quello di realizzare prodotti facilmente integrabili e a basso costo; la piattaforma Intel – un modello di riferimento end-to-end, progettato per unificare e semplificare la connettività e la sicurezza – consente di introdurre le innovazioni sul mercato più velocemente, riducendo la complessità delle soluzioni e consentendo di estrarre più rapidamente informazioni strategiche per prendere decisioni, tramite l’offerta di una base definita e riproducibile che regola il modo in cui i dispositivi si connettono e inviano dati sicuri.
Intel intravede nel campo del weareable una grandissima opportunità con una previsione di 450 milioni di dispositivi all’anno, ognuno dei quali utilizzerà almeno un chip: esattamente il doppio di quanti sono i chip prodotti attualmente per i PC. In questo settore, Intel ha recentemente presentato il modulo Intel Curie, dispositivo grande quanto un bottone di cappotto che integra numerose tecnologie e che potrà essere utilizzato per realizzare dispositivi indossabili di vario genere e foggia. In ogni caso, anche l’azione di Intel è orientata dal comportamento e dalle abitudini delle persone, nello sforzo di dare vita ad un contesto digitale che possa essere sempre a misura di individuo, semplice, intuitivo, condiviso e gratificante.
 
Un approccio più critico nei confronti di alcuni stereotipi relativi alle nuove tecnologie è venuto da Massimo Banzi, co-fondatore di Arduino, che ha ricordato con alcuni esempi come la connettività cambia tutto ma non risolve tutto: oggi il problema non è avere gli strumenti tecnologici ma sapere cosa farne e in che modo utilizzarli. Arduino, e più in generale le tecnologie open-source, semplificano la tecnologia abilitando le persone a diventare parte del processo di innovazione.
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Un altro problema riguarda la sicurezza, intesa come privacy: se non paghi per il servizio rischi di diventare tu il prodotto. “Non vorrei mai che il mio sciacquone comunicasse a tutto il mondo quante volte vado in bagno o che qualcuno cercasse di vendermi un estintore dopo aver scoperto che il mio NEST è fuori uso...”. Insomma, per Banzi il pericolo di andare incontro a situazioni tipo “2001: Odissea nello Spazio” è reale. Tanto che lo sviluppo dell’IoE orientato per davvero alle persone dovrebbe ispirarsi a tre semplici principi: Buono, Pulito e Giusto, con un’esperienza d’uso piacevole e con oggetti che durino nel tempo, dove anche il design abbia un ruolo importante: “Design e tecnologia debbono essere a disposizione di tutti”.
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Massimo Banzi ha anche annunciato l’avvio del progetto Casa Jasmina (che verrà inaugurata il 20 febbraio), un vero e proprio appartamento Open Source in Torino, ospitato da Toolbox Coworking in un vecchio edificio industriale condiviso da Officine Arduino e Fablab Torino, un progetto pilota per esplorare i confini nel campo dell’open source applicato alla casa e alla domotica. L’obiettivo è quello di combinare gli strumenti di fabbricazione digitale ed elettronica open source per la realizzazione di un appartamento connesso. Chiunque avrà la possibilità di provare a vivere in questo appartamento dato che Casa Jasmina sarà disponibile in affitto su Airbnb.
 
Incentrato sull’Intelligenza Artificiale, naturale evoluzione dell’Internet of Everything, è stato l’intervento di David Orban, AD di Dotsub e Advisor alla Singularity University e Founder della Network Society Research.
Secondo Orban le nuove tecnologie disegneranno una mappa a grana ancora più fine del mondo con le interfacce che spariranno nell’ambiente. Una visione in cui l’Intelligenza Artificiale consentirà all’uomo di aumentare le proprie capacità e lo spirito di adattamento, con la distanza tra idea e azione che si ridurrà praticamente a zero. Nella Network Society tutto risulterà più efficiente, dalla produzione, ai trasporti, alla salute.
Per Orban non bisogna aver paura dell’Intelligenza Artificiale che ci consentirà di emancipare le menti ed imparare ad essere cittadini ancora più evoluti. Insomma, una visione decisamente più ottimistica rispetto a quella di Massimo Banzi.
 
Giorgio Metta dell’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT, ha presentato l’attività di questo centro di ricerca, uno dei più importanti del nostro paese, che conta circa 1400 ricercatori (quasi la metà provenienti dall’estero) con un’età media di 34 anni.
L’IIT è attivo nel campo della robotica avanzata, nello sviluppo di farmaci, nelle neuroscienze, nelle nanostrutture e in molti altri settori. I materiali intelligenti sviluppati e utilizzati principalmente in campo robotico avranno una ricaduta sul mondo dell’IoT, in modo particolare nell’elettronica indossabile. Anche le piattaforme robotiche in fase di sviluppo (dagli esoscheletri, alle protesi, ai sistemi in ambito chirurgico) potranno, integrandosi con le attuali tecnologie wireless, entrare a pieno titolo in quello che sarà il mondo connesso del futuro.
Metta ha portato sul palco del MiCo quello che è il progetto più noto dell’IIT, iCub, il robot umanoide dalle sembianze di un bambino di pochi anni. iCub è una piattaforma completamente open source nel software e nell’hardware che viene utilizzata in circa 30 centri di ricerca e università di tutto il mondo per lo sviluppo di modelli comportamentali da utilizzare in differenti contesti e applicazioni.
Da molti anni la robotica è uscita dalle fabbriche entrando nella nostra quotidianità, con prodotti che sono già, o che presto saranno, anche connessi. Una tecnologia che sicuramente avrà un ruolo importantissimo nei prossimi anni, specie nel campo dell’assistenza agli anziani e nello svolgimento di lavori particolarmente gravosi o pericolosi per l’uomo.
 
Un interessante contributo a quello che sarà (e per certi versi è già) il futuro digitale e l’Internet of Things in ambito scolastico è venuto da Dianora Bardi, docente di Lettere e Vice Presidente dell’Associazione Impara Digitale. In un contesto in cui la tecnologia mette a disposizioni strumenti digitali (tablet e smartphone) con i quali i ragazzi hanno una grande confidenza fin da piccoli, e che possono offrire un supporto importantissimo all’apprendimento di tutte le discipline, è fondamentale per la scuola saper sfruttare le opportunità offerte da questi nuovi mezzi, sia per migliorare la didattica che per interagire più facilmente con gli studenti.
La professoressa Bardi, che insegna latino, è stata una delle prime insegnanti del nostro paese a sperimentare la didattica digitale mediante l’utilizzo di tablet, codificando un modello didattico innovativo e adatto a qualsiasi disciplina.
La tecnologia oggi consente un modo di apprendimento completamente diverso rispetto alla lezione frontale, che può continuare ad esistere, ma che se viene integrata con i nuovi strumenti risulta molto più efficace e interessante per gli studenti. Il metodo digitale sviluppa il senso critico, migliora il rapporto col docente e coinvolge e rende più partecipi i ragazzi.
I docenti, come alcune aziende, hanno paura di cambiare. In realtà il digitale non sostituisce ma integra la didattica. Nella mia scuola abbiamo tantissimi libri di carta e dalla fusione di questi due elementi – quello tradizionale e quello digitale – i ragazzi sviluppano maggior senso critico e apprendono più facilmente, diventando protagonisti del loro percorso formativo. E poi con i nuovi strumenti risparmio tempo: ad esempio, ormai non ricevo più i genitori a scuola ma parlo con loro solamente via Skype.” ha concluso la professoressa Bardi.
 
Che dire? L’innovazione arriva anche da dove non te l’aspetti, e si può essere diversamente giovani anche a 60 anni” è stato il commento di Agostino Santoni, AD di Cisco Italia, che ha preso la parola subito dopo e che si è mostrato moderatamente ottimista sul fatto che anche in Italia si possa sviluppare l’IoE.
Le nuove strategie per la crescita digitale e per la banda larga poste in atto dall’attuale governo, insieme ad iniziative quali le pillole di cultura digitale proposte quotidianamente dalla RAI e all’azione dei Digital Champions nostrani, fanno ben sperare in un rapido recupero sia sul piano delle infrastrutture che dei servizi, per dare anche all’Italia una vocazione digitale.
Nel campo dell’agroalimentare, ad esempio, l’Italia potrà trarre grande vantaggio dalle nuove tecnologie: l’IoE consentirà di mettere in atto un percorso digitale – dal campo al prodotto finito – che non potrà che esaltare la qualità dei nostri prodotti e sconfiggere la contraffazione che nel food costa al nostro Paese 60 miliardi di mancate vendite: da questo punto di vista Expo sarà un importante banco di prova. Anche per il comparto manufatturiero italiano l’IoE è una grande opportunità. L’Italia, nonostante la crisi, è ancora all’ottavo posto tra i produttori mondiali di beni (nonostante per popolazione siamo al 23° posto): questa rivoluzione tecnologia già in atto metterà a disposizione del comparto industriale strumenti incredibili per crescere purché le persone abbiano la capacità di comprenderli, l’abilità per utilizzarli e i mezzi per immaginare e realizzare il futuro. Il problema più grave riguarda probabilmente le competenze: nei prossimi 5 anni serviranno 180 mila persone specializzate in questo ambito e ci aspettiamo che la scuola faccia la sua parte. Per quanto ci riguarda, continuiamo la collaborazione con realtà quali la Regione Lombardia e la Confartigianato per supportare tutte le iniziative in grado di rispondere a queste esigenze.
 
L’evento di Cisco è stato anche l’occasione per un dibattito sull’impatto che l’Internet delle Cose ha già, o avrà, sul business di quattro grandi aziende italiani; alla tavola rotonda hanno preso parte Gianluigi Castelli (Executive Vice President ICT di ENI), Gilberto Ceresa (CIO di FCA Automobiles), Silvio Fraternali (Direttore Sistemi Informatici  – Intesa Sanpaolo Group Services) e Paola Petroni (Head of Network Technology Global Infrastructure and Networks di ENEL).
La problematica comune emersa dal dibattito riguarda le competenze digitali delle persone che lavorano all’interno dell’azienda (o di quelle che vengono reperite all’esterno) che non sempre sono in grado di rispondere adeguatamente ai processi di innovazione digitale e ai nuovi modelli di business.
Per Silvio Fraternali di Intesa Sanpaolo le BlackBox per impiego automobilistico e domestico hanno consentito di fornire polizze adeguate agli stili di vita del cliente mentre sul fronte del sostegno alle imprese, Intesa Sanpaolo è impegnata a supportare le imprese che vogliono intraprendere un’attività nel campo dell’e-commerce.
Un impatto decisamente più significativo l’IoE lo sta portando all’interno degli stabilimenti di FCA Automobiles dove le nuove tecnologie vengono utilizzate per connettere processi, persone e utensili, al fine di migliorare l’affidabilità e la qualità dei prodotti. In pratica si va rapidamente verso l’Industry 4.0, anche se secondo Ceresa c’è la necessità di semplificare le piattaforme e prestare grande attenzione al tema della sicurezza. In futuro una delle applicazioni di maggior interesse offerto dall’IoT e dai Big Data sarà quello del Condition Monitoring, ovvero la capacità di prevedere in anticipo i guasti.
Anche per Paola Petroni di ENEL quello del Condition Monitoring è un aspetto molto importante delle nuove tecnologie, specie per quanto riguarda le installazioni difficilmente accessibili. Conoscere in anticipo quando un impianto si guasterà, permette di migliorare in maniera significativa il processo di manutenzione che già oggi gli smartphone hanno reso più efficiente. Tutti gli operai dell’ENEL, grazie a questa tecnologia nata per il mercato consumer, sono in grado di intervenire in maniera più efficace sulla rete.
Gianluigi Castelli ha descritto la profonda trasformazione in atto in ENI il cui obiettivo ultimo è quello di diventare, entro tre anni, una digital enterprise articolata in tre macro aree: digital corporate, digital marketing e digital industrial. Le nuove tecnologie, specie quella dei Big Data, avranno grande impatto sull’attività industriale anche se il tema è molto complesso e richiede una profonda conoscenza dei processi, con competenze che non si trovano facilmente, anche al di fuori dell’azienda. Per Castelli la digitalizzazione non è un tema che riguarda solamente le grandi aziende: la scalabilità tecnica con investimenti anche modesti consente ad aziende di qualsiasi dimensione di intraprendere il processo di digitalizzazione. Il tutto purché i processi vengano affrontati con la massima serietà e sviluppati in logica di digital enterprise.
 
L’evento si è concluso con due interventi istituzionali, quello del Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, e quello del Digital Champion italiano, Riccardo Luna, già direttore di Wired e curatore, insieme a Massimo Banzi, della Maker Faire, oltre che animatore di tantissime altre iniziative per la promozione della cultura digitale e per la diffusione di Internet.
Più che un intervento istituzionale, quello di Riccardo Luna è stato un appello accorato a fare presto per superare tutti insieme il divario che ci separa dal resto dell’Europa e del mondo in termini di infrastruttura di rete e di competenze digitali. Un divario esistente a tutti i livelli, retaggio di un gap anche culturale, magistralmente rappresentato da uno sketch di Corrado Guzzanti di ben 8 anni fa:
[youtube igBDa6a0NmE nolink]
Mancanza di competenze che pur nell’ambito di un nuovo e più positivo clima instauratosi dopo l’entrata in carica del governo Renzi ha prodotto errori clamorosi, come quello del nuovo sito verybello.it nato per pubblicizzare tutti gli eventi culturali italiani durante il periodo dell’Expo.
Nell’ultimo anno le connessioni Internet sono aumentate solamente del 2% con la prospettiva di colmare il gap italiano in più di 30 anni: tempi assurdi, visto anche il tema. Per portare a termine nel più breve tempo questa missione, Riccardo Luna ha deciso di nominare un Digital Champion per ogni comune italiano, più di 8.000 persone che dovrebbero mobilitare il paese porta a porta (quanti sono interessati all’iniziativa trovano maggiori informazioni sul sito http://digitalchampions.it).
Per avvicinare le persone al mondo Internet, Riccardo Luna ha anche promosso il sito http://italiani.digital il più grande help desk italiano sull’argomento.
Per Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, è indubbio che Milano e la Lombardia siano la capitale dell’IoT e di Internet anche se (aggiungiamo noi) il divario col resto d’Europa è ancora notevole.

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