La “classica” 3Drag, dopo il suo ingresso nel mondo dei dolci, si prepara a entrare in quello del Bioprinting

Negli ultimi anni la stampa 3D è diventata parte integrante della nostra quotidianità e, come accadde molti secoli fa alla sua predecessora, in poco tempo è riuscita a passare da semplice “idea sperimentale” relegata nel seminterrato di qualche appassionato a macchinario di uso comune alla portata di tutti. Basandosi sulla realizzazione di oggetti tramite tecnica additiva layer-by-layer, questa tecnologia permette di ottenere in tempi relativamente brevi un qualunque tipo di oggetto reale partendo da un modello 3D realizzato tramite un apposito software di modellazione grafica.

Ovviamente, la Stampa 3D può essere suddivisa in moltissime sottofamiglie che differiscono tra loro per la tecnologia sfruttata nella realizzazione dell’oggetto finale, ciononostante ti basti sapere che in questo particolare caso parleremo della “FDM – Fused Deposition Modeling”.

Tra i principali esponenti di questa famiglia c’è sicuramente l’ormai “classica” 3Drag di Futura Elettronica, stampante 3D dal prezzo contenuto e dalla versatilità accertata. Proprio quest’ultima peculiarità ha permesso alla stessa di potersi introdurre senza problemi all’interno del mondo dedicato al “cake design, grazie all’implementazione di un particolare estrusore a siringa che permette di poter estrudere senza difficoltà il cioccolato realizzando così delle interessanti sculture, ma le sorprese non sono ancora finite…

La stampa degli idrogeli con la 3Drag passa dal RadChemLab

La stampa del cioccolato può rivelarsi veramente interessante sia dal punto di vista culinario che da quello artistico, ciononostante le potenzialità di questa stampante e del suo particolare estrusore possono essere sfruttate anche per applicazioni di tipo scientifico.

Il RadChemLab, laboratorio di chimica delle radiazioni diretto dal professore Daniele Dondi e afferente al dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia, ha deciso di utilizzare la 3Drag “Choco” per la stampa di materiali biocompatibili di origine naturale come gli idrogeli (agar agar, porcine skin, alginato di sodio, ecc). L’idea è nata da un progetto di tesi dello studente Nicolò Zitarosa, seguito dal dottor Diego Savio Branciforti, la quale si basa sulla possibilità di poter sfruttare proprio questi materiali come supporto per la crescita di macrofunghi dove, utilizzando la stampa 3D, è possibile definire fin da subito la forma finale che quest’ultimi dovranno avere una volta terminato il periodo di crescita.

Il principio di funzionamento non è molto diverso da quello che sta alla base della stampa con il cioccolato, in cui vengono utilizzati i medesimi slicer e attrezzature (siringa, sistema di raffreddamento, ecc) con l’unica differenza che, in questo caso, tutti i parametri di stampa sono stati ricavati attraverso un processo di ottimizzazione.

Allo stato attuale dei lavori è stato possibile arrivare a realizzare strutture, più o meno complesse, con un’altezza di circa 1 cm, obiettivo che in questo ambito può rivelarsi veramente importante, specialmente se si considera che nel bioprinting gli ordini di grandezza sono decisamente inferiori.

Visti i risultati promettenti è facile pensare che queste idee potranno portare nel prossimo futuro a possibili applicazioni di questa tecnologia anche in ambito medico.

Diego Savio Branciforti

Link utili:

http://www-7.unipv.it/radchemlab/

https://www.facebook.com/RadChemLab

 

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