SpaceX lancia con successo altri 60 satelliti della rete Internet globale Starlink

 

Il successo della missione è stato completato dal recupero del razzo vettore in pieno Oceano Atlantico e, per la prima volta, di parte del cono che racchiude il payload al momento del lancio.

Diventano così 420 i satelliti in orbita, un numero che dovrebbe consentire i primi test di rete. Oltre che per i 60 satelliti Starlink, il lancio di ieri – avvenuto alle 21:30 ora italiana con un Falcon 9 già utilizzato in un precedente lancio – era sotto i riflettori della comunità spaziale dopo che per ben due volte, nelle precedenti missioni, non era riuscito il recupero del razzo vettore; inoltre il lancio di ieri è quello che precede la prima missione di Space X con equipaggio umano e che segnerà due importanti tappe nella storia dell’esplorazione spaziale: il primo volo con equipaggio per una società privata quale è Space X e la ritrovata capacità statunitense di inviare nello spazio navette con equipaggio umano dopo 9 anni dall’ultima missione dello Shuttle.

L’interesse per la missione di ieri era anche dovuto al fatto che nel precedente lancio qualcosa non aveva funzionato come previsto, col motore principale che si era spento prima del previsto, garantendo tuttavia la messa in orbita dei 60 satelliti. Come detto, poi, nel ritorno, il vettore aveva mancato la piattaforma di atterraggio nell’Oceano Atlantico.

Come confermato anche da Elon Musk, con il lancio e la messa in orbita di altri 60 satelliti, sarà possibile iniziare a testare alcune funzionalità della nuova rete Internet ed a fornire una copertura parziale a Canada e Stati Uniti entro la fine di quest’anno. Per avere una copertura più significativa saranno necessari perlomeno altri 420 satelliti.

In ogni caso il progetto deve fare ancora molta strada per garantire la copertura globale con i 12.000 satelliti previsti e autorizzati dalle autorità americane.

Tornando alla missione di ieri, oltre al recupero del razzo vettore, gli uomini di Space X sono riusciti a recuperare per la prima volta parte del cono di protezione dei satelliti, il cosiddetto “naso”. A tale fine sono state utilizzate due imbarcazioni dotate di gigantesche reti che hanno recuperato il cono prima che si inabissasse nell’Oceano.

Naturalmente, anche questa struttura, dopo una revisione, verrà utilizzata in uno dei prossimi lanci.

 

 

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