StartUp

Ormai abbiamo raggiunto quota 2.000. Tante sono le startup italiane censite dalle Camere di Commercio, un numero che cresce in maniera esponenziale e che lascia, secondo i più, ben sperare per il futuro dell’economia italiana. Secondo altri, invece, è tutta “fuffa”. Sono le parole con le quali Flavio Briatore si è rivolto agli studenti della Bocconi in un recente incontro: “Per voi non ci sono opportunità, procuratevi un lavoro normale. Se  fallisce una pizzeria almeno vi mangiate una pizza, se fallisce la startup non vi rimane neppure quello”. In altre parole, secondo Briatore, tutto il clamore mediatico che accompagna questo nuovo modo di creare imprese, specialmente imprese innovative, non ha motivo di esistere.

Da un certo punto di vista Briatore ha ragione: le probabilità di successo che ha una nuova azienda che intende lanciare un prodotto innovativo in un mercato difficile e competitivo come quello attuale sono veramente poche, per cui è meglio trovarsi un buon posto in qualche solida azienda (la pizzeria è una metafora) piuttosto che rischiare di fallire miseramente e rimanere con un pugno di mosche in mano.

D’altra parte la rete di organizzazioni pubbliche e private, venture capitalist, poli tecnologici e incubatori d’impresa che si prendono cura di molte startup, almeno di quelle già finanziate, garantiscono che la nuova impresa possa fruire di quelle competenze organizzative e quel sostegno finanziario di cui, di solito, chi avvia un’impresa non dispone. Un modo, dunque, più serio di affrontare i primi passi di una nuova impresa, che evita fallimenti dovuti non alla bontà dell’idea di base ma alla mancanza di quegli altri elementi (capitale, marketing, conoscenza del mercato, ecc.) necessari affinché un’azienda abbia successo.

E proprio per ridurre al minimo il numero dei fallimenti, riuscire a farsi finanziare una startup è durissimo: l’idea proposta deve avere basi solidissime e le competenze di chi la propone debbono essere altrettanto solide. In altre parole non basta avere un’“idea geniale”: è necessario anche dimostrare di avere le competenze necessarie per sostenere la nuova iniziativa. Da questo punto di vista non possiamo che ribadire quanto scritto nell’editoriale del mese scorso: continuare a studiare per cercare di migliorare le proprie competenze, nel tentativo di rimanere tra quelli che non verranno sostituiti da un computer o da un processo informatico o, come nel caso di avvio di una startup, far sì che la propria intuizione venga finanziata e accompagnata al successo.

In quest’ottica, come facciamo ogni mese, anche in questo fascicolo cerchiamo di proporvi temi e progetti sempre più interessanti per aiutarvi a migliorare le vostre competenze.

EI185

Buona lettura.

 

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