Se il futuro non ci aspetta

Un altro anno scolastico è terminato, almeno per quanto riguarda l’attività didattica; le scuole restano aperte per gli esami, un momento di verifica e di riflessione sul cammino percorso e sui risultati ottenuti. Per alcuni una porta che si apre verso il futuro, per altri, sfortunatamente, un gradino troppo alto da superare che costringe a “ritornare al via”.

Un momento di verifica, quello degli esami, che siamo abituati ad associare esclusivamente al percorso scolastico: prima quelli delle elementari, poi le medie, le superiori, l’università, il dottorato, l’esame di stato e infine si entra nel mondo del lavoro, che siamo stati abituati a considerare il nostro punto di arrivo, qualcosa su cui contare per tutta la vita fino alla pensione, garantita.
Ma qualcosa sta cambiando, e sempre più rapidamente.
Quest’anno non si sono chiuse solo le scuole, ma anche molte attività produttive; si sono persi molti, moltissimi di quei posti di lavoro che fino a poco tempo fa si davano per certi e duraturi, e ci dicono che altre attività chiuderanno, altri posti di lavoro si perderanno. E quanti hanno superato gli esami scolastici faranno sempre più fatica a trovare quel lavoro che sembrava garantito. La scuola a settembre riaprirà, le aziende che hanno chiuso no.
Cosa sta succedendo?
Senza farci prendere da visioni pessimistiche, probabilmente quello che sta succedendo è che si sta alzando il gradino per superare gli esami che il mondo globale ci presenta con frequenza sempre più ravvicinata. E non parliamo di esami scolastici. Il famoso lavoro garantito in realtà era comunque un percorso, ma caratterizzato da una evoluzione sociale, economica e tecnologica tanto lenta da farlo durare per una vita intera, fino alla pensione, appunto. Oggi l’evoluzione economica e quella tecnologica sono in continua accelerazione, quella sociale e culturale segna il passo.
Il futuro corre, non ci sta aspettando, anche i cicli legati ai posti di lavoro si accorciano sempre più.
Che fare? Qual è la soluzione?
Probabilmente la stessa di quando arriva l’autobus e noi siamo un po’ indietro: mettersi a correre. Essere innovativi, ci dicono. Bene, essere innovativi non significa rincorrere, significa superare, il primo è innovativo, il secondo no.
Come fare? Riconoscere i segni dell’evoluzione.
Studiare. Cosa? Le lingue, innanzi tutto. Poi le discipline, infine le tecnologie. Riconoscere dove va l’evoluzione, dal disegno manuale, al CAD, alla modellazione tridimensionale. Dalla lima, al tornio, alla CNC alle stampe 3D. Dal transistor, agli integrati, ai microcontrollori, ai sistemi embedded.
Dove? A scuola, innanzi tutto, e se non basta a casa, di sera, nei week-end e nelle vacanze.
Poi saper fare. Sperimentare, investire nel proprio laboratorietto personale (vale anche e soprattutto per le scuole).
In questo mondo che corre anche i prezzi diminuiscono, i prodotti abbondano, ma mancano le idee, le conoscenze e capacità per integrarli e trasformarli in cose utili e produttive. Creare, usare la fantasia, sognare. Fare. Trovare il modo di realizzare in modo concreto ciò che si è imparato. Trasformare i sogni in progetti concreti, che non c’erano prima. Essere il primo. Fare sapere. Comunicare le proprie conoscenze e le proprie realizzazioni, rendersi appetibili, affidabili, concreti, competitivi. Come i campioni di surf, un poco più avanti rispetto all’onda più veloce. Per lasciarci il futuro, e i problemi, alle spalle.
Per ora buone ferie a tutti.
Ci rivediamo a settembre. Noi riapriamo, anzi, proprio non chiudiamo, per non perdere l’allenamento.
Gli esami non finiscono mai.

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